sabato 27 settembre 2025

Routine di serenità


 “Nulla vale tanto a dare serenità all’animo come il non darsi troppo da fare, il non cacciarsi in imprese di difficile esito, e il non sforzarsi al di là delle proprie capacità, tutte cose che ad altro non servono se non a mettere il disordine nella nostra natura.
Epicuro, Sentenze e frammenti

Qualche tempo fa, nel mio post “Serenità d’animo”, ho condiviso questa riflessione di Epicuro, che mi accompagna da sempre come una bussola silenziosa. Quando l’ho riletta, ho sentito che mi parlava ancora, come fosse stata scritta ieri: la serenità non nasce dallo sforzo eccessivo, ma dal saper rispettare i limiti, accogliere il proprio ritmo, nutrire la propria interiorità.

Da quella riflessione è nata una domanda che mi accompagna ogni giorno: come posso tradurre nella mia vita quotidiana questo ideale di serenità? Non solo come pensiero, ma come gesto, come abitudine concreta?

Ho scoperto che la risposta sta nei piccoli rituali: atti semplici, quotidiani, che diventano radici, punti fermi che riportano ordine e respiro nei giorni a volte confusi e pieni di rumore. Oggi voglio condividere con voi il mio rituale quotidiano, quello che mi aiuta a coltivare equilibrio e pace interiore.

Il mattino: il dono del silenzio

Appena sveglia, prima che il mondo entri con il suo frastuono, cerco di regalarmi pochi minuti di silenzio. Non è una meditazione strutturata, ma un tempo per respirare, ascoltare i rumori più sottili — il cinguettio di un passero, un raggio di luce che filtra dalla finestra, il battito stesso del mio cuore.

Mi viene spesso in mente una frase di Rainer Maria Rilke:
In tutto ciò che accade, cerca la quiete interiore, la calma profonda che ti permetta di vivere il mondo senza smarrirti.

Questo piccolo spazio mattutino non cambia la giornata che mi attende, ma cambia me: entro nel giorno più centrata, meno in balia delle urgenze.

Il corpo come tempio: la palestra

Ogni giorno mi ritaglio del tempo per andare in palestra. Non lo vivo come un obbligo, ma come un atto di cura verso di me. Lì, tra un esercizio e l’altro, riscopro che la forza non è solo muscolare: è anche mentale. È la costanza che si costruisce allenamento dopo allenamento, è la disciplina che mi ricorda quanto corpo e spirito siano intrecciati.

Seneca scriveva:
È una mente sana quella che è contenta di sé stessa, che ha fiducia in sé, che conosce la misura.

Allenare il corpo, per me, significa anche allenare la misura: non spingermi oltre il necessario, non forzare, ma riconoscere i miei limiti e allo stesso tempo superarli poco a poco.

Il passo lento: la passeggiata quotidiana

Dopo la palestra, o nei momenti liberi della giornata, mi concedo sempre una passeggiata. Non serve andare lontano: le vie vicine a casa, il piccolo parco limitrofo, un viale alberato bastano a restituirmi il contatto con la vita che scorre.

Camminare mi ricorda che la natura ha un ritmo che non si lascia affrettare. Le stagioni insegnano pazienza: i fiori non sbocciano se non al loro tempo. Anche l’anima ha i suoi cicli, e quando cammino li ascolto meglio.

Mi torna spesso alla mente la frase di Henry David Thoreau:
Camminare è l’impresa più grande: è l’avventura di scoprire che il mondo è bello e che apparteniamo ad esso.

Camminare, per me, è anche un modo per tornare a casa dentro di me.

Il cuore in ascolto: la musica, la lettura, la scrittura, la registrazione dei video, i Social

Un altro gesto che nutre la mia serenità è concedermi del tempo per ciò che amo, per le cose che parlano al mio cuore.

Mi lascio trasportare dalla musica, ascoltando melodie che accarezzano l’anima e mi riportano in luoghi di pace e di bellezza. Sfoglio le pagine di un libro che mi ispira, perdendomi tra parole che sanno sussurrare saggezza e dolcezza, come amici silenziosi che camminano al mio fianco.

Scrivere i post per il mio Blog diventa allora un rito: è come sedersi a chiacchierare con i lettori, condividere pensieri e riflessioni, donare un pezzo del mio mondo interiore.

Preparare i video per il mio Canale YouTube è un altro modo di raccontarmi, di mettere in luce emozioni, esperienze e consigli che spero possano portare conforto o ispirazione a chi mi segue. Rispondere ai commenti ricevuti è un piccolo atto di cura reciproca: leggere le parole degli altri, sentire il loro entusiasmo o la loro gratitudine, mi ricorda quanto siamo tutti connessi e quanto la gentilezza possa circolare anche attraverso uno schermo.

Curare la mia pagina Facebook, infine, è un po’ come curare un piccolo giardino virtuale, dove ogni post, ogni immagine, ogni frase seminata può fiorire nell’animo di chi legge.

Sono momenti di calma e concentrazione, in cui il tempo sembra rallentare, e sento crescere dentro di me una pace profonda, una serenità che nasce dal cuore e si irradia in ogni gesto quotidiano. È in questi momenti, immersa nelle parole, nei suoni e nelle immagini, che sento crescere dentro di me una calma profonda.

Lavorare al mio Blog, preparare un video, leggere o ascoltare musica non è solo un’attività: è un dialogo con me stessa, un modo per ordinare i pensieri, per mettere luce sulle emozioni, per scoprire nuovi angoli del mio mondo interiore. Ogni gesto creativo diventa una lente che ingrandisce la bellezza della vita quotidiana e mi permette di accogliere ciò che incontro senza timore, con leggerezza e gratitudine.

La sera: il cerchio che si chiude

La giornata si conclude con un gesto semplice: ringraziare. Prima di addormentarmi ripenso a tre cose per cui sono grata. Possono essere piccole — un sorriso ricevuto, un incontro inatteso, il colore del cielo al tramonto.

Meister Eckhart diceva:
Se l’unica preghiera che dirai nella tua vita sarà ‘grazie’, sarà sufficiente.

Questa pratica mi riconduce alla semplicità: non serve possedere grandi cose per sentirsi in pace. La serenità nasce dal saper riconoscere la bellezza che c’è già.

Un rituale che non è una gabbia

Quando parlo di rituale, non intendo un insieme di regole rigide: non mi punisco se un giorno salto un passo, o se la giornata prende un’altra piega. È piuttosto una traccia, un filo sottile che mi aiuta a ritrovare me stessa.

E, soprattutto, è un modo per tradurre nella vita di ogni giorno le parole di Epicuro: non sforzarsi oltre misura, non inseguire imprese impossibili, ma restare fedeli alla natura semplice e profonda del nostro essere.

Conclusione

La serenità non si conquista una volta per tutte: si coltiva giorno dopo giorno, con gesti piccoli ma costanti. Il mio rituale quotidiano non è perfetto né definitivo, ma è la mia maniera di ricordarmi che la vita è preziosa, che il corpo e l’anima chiedono ascolto, che il silenzio e la gratitudine sono i veri nutrimenti dell’essere.

Max Ehrmann, nell’amata Desiderata, scrisse:
Nella rumorosa confusione della vita, sta in pace con la tua anima.

Ecco, il mio rituale quotidiano è proprio questo: un tentativo di restare in pace con la mia anima, anche in mezzo al rumore del mondo.

venerdì 12 settembre 2025

Fermati e ascoltati

 

“Il silenzio è la forma più perfetta della parola.”
(Thomas Carlyle)


Viviamo immersi in un mondo che corre. Ogni giorno siamo attraversati da parole, immagini, suoni, richieste. La vita sembra scorrere in fretta, quasi senza respiro, e a volte ci troviamo a fine giornata con la sensazione di non aver avuto un solo momento davvero nostro.

Eppure, se ci fermiamo un istante, scopriamo che il silenzio ci accompagna sempre, come una sorgente nascosta. È dentro di noi, ma troppo spesso lo dimentichiamo, presi dalle urgenze e dai rumori del mondo. Il silenzio non è assenza, non è vuoto: è un grembo che accoglie, un terreno fertile che nutre l’anima.

Sant’Agostino scriveva: “Il silenzio è la lingua di Dio, tutto il resto è traduzione.” E se ci fermiamo ad ascoltarlo, scopriamo che il silenzio non spaventa, ma accoglie, non isola, ma unisce, non toglie, ma dona.

Il silenzio come nutrimento interiore

Quando mi concedo qualche momento di silenzio, magari passeggiando nella natura o semplicemente restando in ascolto del mio respiro, sento che qualcosa cambia. Non subito, non in modo eclatante. È un lento decantare. I pensieri si posano come polvere su un mobile appena spolverato, le emozioni trovano un ritmo più dolce, e ciò che sembrava confusione acquista chiarezza.

“Il silenzio è la notte dell’anima, ma una notte che nutre e prepara un nuovo giorno.” scriveva Friedrich Nietzsche. Quante volte ho sperimentato questa verità! Dopo un periodo di grande rumore, di impegni serrati o di emozioni contrastanti, solo il silenzio è stato in grado di ridarmi lucidità e pace.

Il silenzio non è inerzia, non è fuga. È spazio. È quel margine vitale che ci permette di non reagire d’impulso, ma di scegliere, di non essere travolti, ma di ritrovare il filo della nostra interiorità.

Fermarsi per ascoltare se stessi

Spesso pensiamo che ascoltare significhi solo dare attenzione agli altri. Ma prima ancora di ascoltare il mondo, abbiamo bisogno di imparare ad ascoltare noi stessi.

Blaise Pascal, con la sua lucidità, ricordava: “Tutta l’infelicità degli uomini deriva dal non saper restare tranquilli in una stanza.” Quanta verità in queste parole! Restare soli con noi stessi può essere difficile, perché significa incontrare anche le nostre fragilità, le nostre paure, i nostri nodi irrisolti. Ma è proprio lì che inizia la vera conoscenza di sé.

Ascoltarsi non significa giudicarsi, né analizzarsi in modo spietato. È, piuttosto, un atto di gentilezza. Significa riconoscere ciò che sentiamo, dar voce al cuore, accogliere la nostra umanità così com’è, senza maschere.

Il silenzio diventa allora un compagno fedele: ci aiuta a distinguere la voce autentica della nostra coscienza dal frastuono delle aspettative esterne. Ci restituisce a noi stessi.

Il silenzio che apre all’incontro

Potrebbe sembrare paradossale, ma il silenzio non è solo un fatto interiore: ci prepara anche alla relazione con gli altri. Quando impariamo a fermarci, ad ascoltare davvero senza interrompere, senza giudicare, il silenzio diventa un dono che offriamo.

Rainer Maria Rilke, in una delle sue Lettere a un giovane poeta, scriveva: “Amare è questo: che due solitudini si proteggano, si tocchino, si salutino.” E in questo toccarsi di anime, il silenzio ha un ruolo insostituibile. È ciò che permette all’altro di esistere senza che noi lo sommergiamo delle nostre parole o dei nostri consigli.

Quante volte, in una conversazione, un silenzio condiviso è più eloquente di mille frasi! In quel silenzio c’è rispetto, ascolto, presenza. Non è un vuoto, ma uno spazio pieno, vibrante, che ci fa sentire accolti.

Il silenzio e la natura

Personalmente trovo nel contatto con la natura una delle forme più pure di silenzio. Non è mai un silenzio assoluto, perché è abitato dal canto degli uccelli, dal fruscio delle foglie, dal mormorio dell’acqua. Ma proprio questo lo rende così nutriente: è un silenzio che respira, che pulsa, che ci ricorda di appartenere a un tutto più grande.

Henry David Thoreau, che trascorse due anni sulle rive di Walden, annotava: “Non ho mai trovato un compagno che mi fosse così socievole come la solitudine.” Nel suo silenzio contemplativo scopriva la presenza più piena, quella di sé e del mondo insieme.

Anche noi, senza bisogno di ritirarci in una capanna, possiamo assaporare questo silenzio vivo: basta concedersi una passeggiata senza auricolari, sedersi a guardare un tramonto, respirare profondamente sotto un albero.

Il silenzio spirituale

Il silenzio non è solo un’esperienza psicologica o estetica: è anche profondamente spirituale.
Nelle tradizioni cristiane, il silenzio è da sempre il luogo dell’incontro con Dio. “Fermatevi e riconoscete che io sono Dio” recita il Salmo 46. Non si tratta di fare, ma di essere, di restare in ascolto di quella Presenza che non ha bisogno di parole per farsi sentire.

Simone Weil, pensatrice francese del Novecento, scrisse: “Il silenzio è la condizione della verità.” E davvero, solo quando mettiamo a tacere il frastuono interiore, possiamo distinguere la voce sottile che ci parla dal profondo, quella che ci orienta verso ciò che conta davvero.

Il silenzio spirituale non è isolamento, ma apertura: apre il cuore a un Altro, e ci insegna a percepire la vita come un dono.

Concludendo: un invito al silenzio

Nel mio giardino interiore, il silenzio è come un piccolo stagno d’acqua limpida. Se lo custodisco, posso specchiarmi e ritrovare la mia immagine vera. Se lo turbolento troppo, l’acqua si increspa e non vedo più niente.

Credo che ognuno di noi abbia bisogno di momenti di silenzio nutritivo. Non per scappare dal mondo, ma per ritornare al mondo più centrati, più autentici, più capaci di amare.

Chiudo con una frase di Thomas Merton, monaco e poeta:
“Il silenzio non è vuoto, è pienezza. È la pienezza che non abbiamo ancora imparato a riconoscere.”

E forse il nostro compito, giorno dopo giorno, è proprio questo: imparare a riconoscere la pienezza che il silenzio custodisce.

Rimanendo nel nostro giardino interiore, mi piacerebbe sapere se anche voi avete sperimentato la forza silenziosa del fermarvi, del respirare, dell’ascoltare la vostra voce più autentica.

Avete un luogo, un gesto, un piccolo rito quotidiano che vi aiuta a coltivare il silenzio?
Vi invito a condividerlo nei commenti: le vostre esperienze potranno diventare semini preziosi per chi leggerà dopo di voi.

Il silenzio, in fondo, non è mai vuoto: è un dono che cresce quando lo si condivide.
Con affetto,

Raffaella


venerdì 29 agosto 2025

Imparare ad ascoltare senza giudizio

 

“Il primo dovere dell’amore è ascoltare.”
(Paul Tillich)

Questa frase, così semplice e intensa, mi ha ispirato a riflettere sul valore dell’ascolto autentico, un dono raro e prezioso che ognuno di noi può imparare a coltivare.

Viviamo in un mondo dove tutti parlano, scrivono, condividono: spesso sentiamo più voci sovrapposte che silenzi accoglienti. Eppure, nel profondo del cuore, ciascuno di noi desidera una cosa molto semplice: essere ascoltato. Non giudicato, non corretto, non interrotto, ma semplicemente accolto.

Ascoltare senza fretta

Ascoltare davvero significa fermarsi, mettere da parte le nostre ansie e i nostri pensieri, e aprire un varco interiore per l’altro. Non è facile, perché siamo abituati a rispondere più che ad ascoltare, a preparare repliche invece che ad accogliere parole.

“Molti non ascoltano con l’intento di comprendere, ma con l’intento di rispondere.”
(Stephen R. Covey)


Quante volte ci sorprende questo atteggiamento in noi stessi! Eppure, l’ascolto autentico non è un esercizio di rapidità mentale, ma un atto di pazienza e di umiltà.

Il cuore dell’ascolto

Ascoltare non riguarda solo le orecchie: riguarda il cuore. È un atto interiore, non soltanto un gesto esteriore. Quando qualcuno si sente ascoltato profondamente, percepisce che la sua vita ha valore, che le sue parole non cadono nel vuoto.

“Essere ascoltati è così vicino all’essere amati che per la maggior parte delle persone le due esperienze sono quasi indistinguibili.”
(David Augsburger)

Forse è proprio questo il segreto: ascoltare significa amare in silenzio.

Il giudizio che separa

Spesso crediamo di ascoltare, ma in realtà stiamo giudicando. Interiormente classifichiamo, confrontiamo, etichettiamo ciò che l’altro dice. Ma il giudizio crea distanza, mentre l’ascolto autentico crea vicinanza.

“Non giudicate, e non sarete giudicati.”
(Vangelo di Luca, 6:37)

L’ascolto libero dal giudizio diventa allora una forma di misericordia: lasciamo che l’altro sia semplicemente se stesso, senza dover dimostrare nulla, senza dover temere condanne.

Il silenzio che accoglie

Per ascoltare, occorre amare il silenzio. Non il silenzio freddo dell’indifferenza, ma quello caldo dell’attesa, del rispetto, della disponibilità.

“Il silenzio è un amico che non tradisce mai.”
(Confucio, ma accolto e meditato anche da molti pensatori occidentali)

Il silenzio interiore è lo spazio che ci permette di non riempire subito i vuoti con le nostre parole, ma di lasciare che l’altro trovi da sé la propria voce.

Ascoltare se stessi

Non possiamo davvero ascoltare gli altri, se prima non impariamo ad ascoltare noi stessi. Troppo spesso corriamo, ci distraiamo, ci sommergiamo di attività per non sentire quel che accade dentro.

“Dentro di noi vi è una voce che non smette mai di parlarci: occorre imparare a farle spazio.”
(Rainer Maria Rilke)

Ascoltare se stessi non significa chiudersi nell’egoismo, ma riconoscere i propri bisogni, le proprie ferite, le proprie speranze. Solo così potremo aprirci davvero agli altri.

L’ascolto come cura

Molte ferite non hanno bisogno di soluzioni immediate, ma solo di essere accolte. Ci sono dolori che non si risolvono con consigli, ma con la presenza.

“Quando qualcuno che amiamo soffre, spesso non abbiamo bisogno di parole, ma di silenzio e di mani che stringono.”
(Henri Nouwen)

L’ascolto diventa allora balsamo, perché offre compagnia al dolore e restituisce dignità a chi lo vive.

Ascoltare il non detto

L’ascolto autentico non si ferma alle parole. È attenzione ai gesti, ai silenzi, agli sguardi. È percepire ciò che rimane sospeso nell’aria e che chiede di essere accolto senza forzature.

“Ciò che più conta è spesso invisibile agli occhi.”
(Antoine de Saint-Exupéry)

Molte volte l’altro non ci chiede risposte, ma solo di stare accanto e riconoscere il suo sentire.

L’ascolto come dono reciproco

Ascoltare senza giudizio è un atto di amore, ma è anche un dono che riceviamo. Perché nell’ascoltare impariamo qualcosa di noi, scopriamo nuove prospettive, allarghiamo il cuore.

“La verità nasce sempre dall’ascolto sincero dell’altro.”
(Thomas Merton)

Ogni incontro diventa così un ponte che ci arricchisce entrambi.

Un piccolo racconto

Mi torna alla mente un breve racconto.
Un giovane andò da un saggio per chiedergli consiglio. Parlò a lungo, esponendo i suoi dubbi e le sue preoccupazioni. Il saggio lo guardava in silenzio, senza interrompere. Quando il giovane ebbe finito, gli chiese:
“Perché non mi rispondi?”
Il saggio sorrise e disse:
“Perché tu avevi bisogno di ascoltare te stesso, non di ascoltare me.”
Quante volte accade che solo grazie a un ascolto autentico, l’altro riesca a trovare dentro di sé la risposta che cercava!

Conclusione

L’ascolto autentico è imparare ad accogliere senza giudizio, a fare spazio con amore, a lasciare che l’altro si senta libero di essere. È uno degli atti più semplici e al tempo stesso più rivoluzionari che possiamo compiere.

“Ascoltare veramente significa rinunciare per un istante a se stessi, per far posto all’altro.”
(Simone Weil)

Che ciascuno di noi possa imparare, giorno dopo giorno, a donare questo ascolto: silenzioso, attento, rispettoso. Perché in esso si custodisce la possibilità di incontri veri e di relazioni profonde.

lunedì 18 agosto 2025

Senza maschere: il valore della sincerità


Essere sinceri non significa dire tutto ciò che pensiamo, ma non dire mai il contrario di ciò che pensiamo.
(André Gide)

Con questa significativa citazione desidero aprire il mio nuovo post “Senza maschere: il valore della sincerità”, che rappresenta un tema fondamentale della nostra crescita personale e relazionale. La sincerità è infatti la base del rispetto: verso noi stessi, perché non tradiamo la nostra coscienza, e verso gli altri, perché non li inganniamo.

La sincerità verso se stessi

La sincerità nasce dentro di noi, come atto di coraggio. Essere sinceri con se stessi significa riconoscere la propria verità, senza nascondersi dietro maschere o illusioni.

Molto spesso, per paura del giudizio o per conformismo, fingiamo di stare bene, di essere forti, di avere risposte a tutto. Ma questa mancanza di sincerità interiore ci priva di energia e serenità.

Non ingannare te stesso: l’uomo che mente a se stesso e ascolta le proprie menzogne giunge al punto di non poter distinguere la verità né dentro di sé né intorno a sé.
(Fëdor Dostoevskij)

Questa riflessione di Dostoevskij ci ricorda che l’autenticità interiore è la chiave per una vita più limpida e coerente.

La sincerità nelle relazioni

Essere sinceri con gli altri è un atto di rispetto e di amore. Non significa dire tutto ciò che ci passa per la mente, senza filtro o misura: quella sarebbe brutalità. Significa invece comunicare ciò che è essenziale, con delicatezza e verità.

Dì la verità con amore.
(San Paolo)

Le parole sincere, pronunciate con cuore puro, hanno un potere liberatorio. Anche se talvolta feriscono nell’immediato, creano un terreno solido su cui costruire relazioni autentiche. Al contrario, la menzogna, anche se detta per comodità, lascia sempre un’ombra tra le persone.

Le maschere e il coraggio di toglierle

A volte indossiamo maschere per apparire diversi da ciò che siamo, nel timore di non essere accettati. Ciò che però può sembrare una protezione si trasforma in una prigione.

Meglio essere odiati per ciò che si è, che essere amati per ciò che non si è.
(André Gide)

La sincerità, al contrario, ci restituisce respiro. È come togliersi un abito stretto e sentire finalmente libertà e leggerezza. Esporsi può far paura, ma la libertà che ne deriva è impagabile.

Sincerità e libertà

Un cuore sincero è un cuore libero. Non porta il peso della finzione, non deve ricordare menzogne, non teme smascheramenti.

La verità vi farà liberi.
(Vangelo di Giovanni, 8:32)

Questa libertà interiore è la più preziosa: non sempre conduce all’approvazione esterna, ma porta con sé la pace della coscienza. La sincerità è quindi un cammino di libertà, dignità e pace interiore.

La sincerità come dono reciproco

Ogni relazione autentica si fonda sulla sincerità: amicizia, amore, collaborazione. Non c’è fiducia senza verità.

La sincerità è la base di ogni virtù.
(Samuel Johnson)

Quando siamo sinceri con chi ci sta accanto, diciamo in realtà: “Ti rispetto, ti riconosco degno della mia verità.

E così costruiamo legami solidi e trasparenti, nei quali possiamo sentirci accolti per ciò che siamo davvero.

La sincerità come cammino quotidiano

La sincerità non è una conquista definitiva, ma una pratica continua. È fatta di piccoli gesti quotidiani: riconoscere un errore, avere il coraggio di dire un “no” autentico, non tradire le proprie convinzioni per paura.

Una verità detta con cattiva intenzione supera tutte le menzogne inventate.
(William Blake)

Questa frase ci ricorda che non basta dire la verità: è necessario farlo con cuore puro, senza secondi fini. È lì che si gioca il valore della sincerità.

Conclusione

La sincerità è rispetto di sé e degli altri, radice di fiducia e seme di libertà. Non ci rende perfetti, ma ci rende veri. E la vita, con le sue gioie e le sue difficoltà, acquista più senso quando la viviamo nella verità.

La sincerità è il cammino più diretto verso il cuore delle persone.
(Arthur Schopenhauer)

Coltiviamola come dono quotidiano, con coraggio e delicatezza: sarà la nostra bussola per vivere con dignità e amare con autenticità.

Il Giardino Interiore rifiorisce


Cari amici del Giardino Interiore,

sono passati diversi anni dall’ultimo post, eppure questo spazio non si è mai davvero spento. Ogni tanto ricevevo notifiche di visualizzazioni, piccoli segni di passaggio, come orme leggere su un sentiero che pensavo silenzioso. A volte arrivava persino un commento: poche parole che hanno illuminato lo schermo e, a loro modo, il cuore.

È sorprendente accorgersi di come un luogo lasciato in sospeso possa continuare a vivere. È un po’ come accade in un vero giardino: anche se il giardiniere si allontana, l’erba cresce, le stagioni scorrono, qualche fiore spunta da solo, qualche seme viaggiatore si posa e mette radici. E quando si torna, ci si accorge che il giardino non è rimasto immobile, ma ha custodito dentro di sé una vita segreta.

❀ ❀ ❀

In questi anni ho attraversato altre stagioni, alcune luminose e altre più silenziose. Ci sono momenti della vita in cui si sente il bisogno di fermarsi, di ascoltare senza dire, di lasciare che le cose sedimentino. Per me il silenzio è stato un compagno prezioso, a volte leggero e altre volte più impegnativo, ma sempre capace di insegnare qualcosa.

Ho imparato che non scrivere non significa dimenticare, ma spesso significa custodire. Custodire i pensieri, custodire le domande, custodire persino il desiderio di condividere, fino a quando non matura il tempo giusto.

Ed è così che, piano piano, ho sentito riaffiorare in me la voglia di tornare qui. Non per riempire uno spazio, ma per farlo fiorire di nuovo.

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Riprendere a scrivere, dopo tanto tempo, non è semplice. È un po’ come quando si rientra in una casa lasciata chiusa: all’inizio si apre la porta con un po’ di timidezza, si lascia entrare l’aria nuova, si spolverano i mobili, si guarda fuori dalla finestra per capire come è cambiato il paesaggio.

Così sento il mio ritorno: un gesto di cura e di accoglienza. Vorrei che questo blog tornasse a essere ciò che è sempre stato — un giardino interiore, un luogo dove la parola non corre ma cammina, dove il pensiero si apre come un fiore, dove anche il silenzio ha spazio per respirare.

Non prometto ritmi serrati, non sarò mai una voce che insegue la fretta del mondo digitale. Ma desidero offrire qui quello che mi abita: riflessioni, emozioni, piccoli spunti di bellezza quotidiana, parole che magari risuonino anche in chi legge.

❀ ❀ ❀

Mi piace immaginare questo ritorno come un incontro. È come se ci ritrovassimo in un giardino dopo una lunga assenza: i semi, anche se invisibili, sono rimasti nella terra e ora cominciano a germogliare. Alcuni fiori saranno quelli di sempre, altri nuovi, nati dall’esperienza, dalle letture, dagli incontri, dai silenzi di questi anni.

Vorrei che questo spazio continuasse a essere una soglia: un luogo dove chi entra possa sentirsi accolto, possa sostare senza fretta, possa riconoscersi in una frase o in un’immagine. Un posto dove non ci sono confini rigidi, ma cammini che si intrecciano.

Ringrazio con gratitudine chi, in mia assenza, ha continuato a varcare questa soglia. Non importa se lo ha fatto solo per un attimo, o se ha sostato più a lungo: ognuno di quei passi ha mantenuto vivo il respiro di questo giardino.

❀ ❀ ❀

Ed eccomi qui, dunque, a riaprire le pagine di questo diario condiviso. Da oggi in poi, vorrei tornare a coltivarlo, senza l’ansia della perfezione ma con la gioia semplice di chi annaffia un fiore e aspetta di vederlo crescere.

Sarà un cammino lento e gentile. Non so ancora con precisione quali saranno i temi o le forme che prenderanno i prossimi articoli: lascerò che nascano come i fiori, ognuno con il proprio tempo, la propria stagione, il proprio colore. Alcuni saranno riflessioni più profonde, altri piccoli appunti quotidiani, altri ancora forse semplici fotografie interiori.

A chi vorrà, rivolgo un invito: tornate a passeggiare in questo giardino insieme a me. Portate con voi i vostri pensieri, i vostri silenzi, i vostri sguardi. Non servono commenti lunghi, basta anche una parola, o solo la presenza invisibile di chi legge: tutto questo renderà viva la scrittura.

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Concludo questo primo nuovo passo con una promessa lieve: scrivere qui non sarà un obbligo, ma un atto di gratitudine e di amore. E ogni volta che pubblicherò, sarà come aprire una finestra, lasciando entrare un raggio di luce che spero possa illuminare anche voi, per un attimo.

Grazie di cuore per aver custodito, in silenzio, il Giardino Interiore.

Ora è tempo di tornare a farlo fiorire.

Con affetto e riconoscenza,

Raffaella