sabato 27 settembre 2025

Routine di serenità


 “Nulla vale tanto a dare serenità all’animo come il non darsi troppo da fare, il non cacciarsi in imprese di difficile esito, e il non sforzarsi al di là delle proprie capacità, tutte cose che ad altro non servono se non a mettere il disordine nella nostra natura.
Epicuro, Sentenze e frammenti

Qualche tempo fa, nel mio post “Serenità d’animo”, ho condiviso questa riflessione di Epicuro, che mi accompagna da sempre come una bussola silenziosa. Quando l’ho riletta, ho sentito che mi parlava ancora, come fosse stata scritta ieri: la serenità non nasce dallo sforzo eccessivo, ma dal saper rispettare i limiti, accogliere il proprio ritmo, nutrire la propria interiorità.

Da quella riflessione è nata una domanda che mi accompagna ogni giorno: come posso tradurre nella mia vita quotidiana questo ideale di serenità? Non solo come pensiero, ma come gesto, come abitudine concreta?

Ho scoperto che la risposta sta nei piccoli rituali: atti semplici, quotidiani, che diventano radici, punti fermi che riportano ordine e respiro nei giorni a volte confusi e pieni di rumore. Oggi voglio condividere con voi il mio rituale quotidiano, quello che mi aiuta a coltivare equilibrio e pace interiore.

Il mattino: il dono del silenzio

Appena sveglia, prima che il mondo entri con il suo frastuono, cerco di regalarmi pochi minuti di silenzio. Non è una meditazione strutturata, ma un tempo per respirare, ascoltare i rumori più sottili — il cinguettio di un passero, un raggio di luce che filtra dalla finestra, il battito stesso del mio cuore.

Mi viene spesso in mente una frase di Rainer Maria Rilke:
In tutto ciò che accade, cerca la quiete interiore, la calma profonda che ti permetta di vivere il mondo senza smarrirti.

Questo piccolo spazio mattutino non cambia la giornata che mi attende, ma cambia me: entro nel giorno più centrata, meno in balia delle urgenze.

Il corpo come tempio: la palestra

Ogni giorno mi ritaglio del tempo per andare in palestra. Non lo vivo come un obbligo, ma come un atto di cura verso di me. Lì, tra un esercizio e l’altro, riscopro che la forza non è solo muscolare: è anche mentale. È la costanza che si costruisce allenamento dopo allenamento, è la disciplina che mi ricorda quanto corpo e spirito siano intrecciati.

Seneca scriveva:
È una mente sana quella che è contenta di sé stessa, che ha fiducia in sé, che conosce la misura.

Allenare il corpo, per me, significa anche allenare la misura: non spingermi oltre il necessario, non forzare, ma riconoscere i miei limiti e allo stesso tempo superarli poco a poco.

Il passo lento: la passeggiata quotidiana

Dopo la palestra, o nei momenti liberi della giornata, mi concedo sempre una passeggiata. Non serve andare lontano: le vie vicine a casa, il piccolo parco limitrofo, un viale alberato bastano a restituirmi il contatto con la vita che scorre.

Camminare mi ricorda che la natura ha un ritmo che non si lascia affrettare. Le stagioni insegnano pazienza: i fiori non sbocciano se non al loro tempo. Anche l’anima ha i suoi cicli, e quando cammino li ascolto meglio.

Mi torna spesso alla mente la frase di Henry David Thoreau:
Camminare è l’impresa più grande: è l’avventura di scoprire che il mondo è bello e che apparteniamo ad esso.

Camminare, per me, è anche un modo per tornare a casa dentro di me.

Il cuore in ascolto: la musica, la lettura, la scrittura, la registrazione dei video, i Social

Un altro gesto che nutre la mia serenità è concedermi del tempo per ciò che amo, per le cose che parlano al mio cuore.

Mi lascio trasportare dalla musica, ascoltando melodie che accarezzano l’anima e mi riportano in luoghi di pace e di bellezza. Sfoglio le pagine di un libro che mi ispira, perdendomi tra parole che sanno sussurrare saggezza e dolcezza, come amici silenziosi che camminano al mio fianco.

Scrivere i post per il mio Blog diventa allora un rito: è come sedersi a chiacchierare con i lettori, condividere pensieri e riflessioni, donare un pezzo del mio mondo interiore.

Preparare i video per il mio Canale YouTube è un altro modo di raccontarmi, di mettere in luce emozioni, esperienze e consigli che spero possano portare conforto o ispirazione a chi mi segue. Rispondere ai commenti ricevuti è un piccolo atto di cura reciproca: leggere le parole degli altri, sentire il loro entusiasmo o la loro gratitudine, mi ricorda quanto siamo tutti connessi e quanto la gentilezza possa circolare anche attraverso uno schermo.

Curare la mia pagina Facebook, infine, è un po’ come curare un piccolo giardino virtuale, dove ogni post, ogni immagine, ogni frase seminata può fiorire nell’animo di chi legge.

Sono momenti di calma e concentrazione, in cui il tempo sembra rallentare, e sento crescere dentro di me una pace profonda, una serenità che nasce dal cuore e si irradia in ogni gesto quotidiano. È in questi momenti, immersa nelle parole, nei suoni e nelle immagini, che sento crescere dentro di me una calma profonda.

Lavorare al mio Blog, preparare un video, leggere o ascoltare musica non è solo un’attività: è un dialogo con me stessa, un modo per ordinare i pensieri, per mettere luce sulle emozioni, per scoprire nuovi angoli del mio mondo interiore. Ogni gesto creativo diventa una lente che ingrandisce la bellezza della vita quotidiana e mi permette di accogliere ciò che incontro senza timore, con leggerezza e gratitudine.

La sera: il cerchio che si chiude

La giornata si conclude con un gesto semplice: ringraziare. Prima di addormentarmi ripenso a tre cose per cui sono grata. Possono essere piccole — un sorriso ricevuto, un incontro inatteso, il colore del cielo al tramonto.

Meister Eckhart diceva:
Se l’unica preghiera che dirai nella tua vita sarà ‘grazie’, sarà sufficiente.

Questa pratica mi riconduce alla semplicità: non serve possedere grandi cose per sentirsi in pace. La serenità nasce dal saper riconoscere la bellezza che c’è già.

Un rituale che non è una gabbia

Quando parlo di rituale, non intendo un insieme di regole rigide: non mi punisco se un giorno salto un passo, o se la giornata prende un’altra piega. È piuttosto una traccia, un filo sottile che mi aiuta a ritrovare me stessa.

E, soprattutto, è un modo per tradurre nella vita di ogni giorno le parole di Epicuro: non sforzarsi oltre misura, non inseguire imprese impossibili, ma restare fedeli alla natura semplice e profonda del nostro essere.

Conclusione

La serenità non si conquista una volta per tutte: si coltiva giorno dopo giorno, con gesti piccoli ma costanti. Il mio rituale quotidiano non è perfetto né definitivo, ma è la mia maniera di ricordarmi che la vita è preziosa, che il corpo e l’anima chiedono ascolto, che il silenzio e la gratitudine sono i veri nutrimenti dell’essere.

Max Ehrmann, nell’amata Desiderata, scrisse:
Nella rumorosa confusione della vita, sta in pace con la tua anima.

Ecco, il mio rituale quotidiano è proprio questo: un tentativo di restare in pace con la mia anima, anche in mezzo al rumore del mondo.

venerdì 12 settembre 2025

Fermati e ascoltati

 

“Il silenzio è la forma più perfetta della parola.”
(Thomas Carlyle)


Viviamo immersi in un mondo che corre. Ogni giorno siamo attraversati da parole, immagini, suoni, richieste. La vita sembra scorrere in fretta, quasi senza respiro, e a volte ci troviamo a fine giornata con la sensazione di non aver avuto un solo momento davvero nostro.

Eppure, se ci fermiamo un istante, scopriamo che il silenzio ci accompagna sempre, come una sorgente nascosta. È dentro di noi, ma troppo spesso lo dimentichiamo, presi dalle urgenze e dai rumori del mondo. Il silenzio non è assenza, non è vuoto: è un grembo che accoglie, un terreno fertile che nutre l’anima.

Sant’Agostino scriveva: “Il silenzio è la lingua di Dio, tutto il resto è traduzione.” E se ci fermiamo ad ascoltarlo, scopriamo che il silenzio non spaventa, ma accoglie, non isola, ma unisce, non toglie, ma dona.

Il silenzio come nutrimento interiore

Quando mi concedo qualche momento di silenzio, magari passeggiando nella natura o semplicemente restando in ascolto del mio respiro, sento che qualcosa cambia. Non subito, non in modo eclatante. È un lento decantare. I pensieri si posano come polvere su un mobile appena spolverato, le emozioni trovano un ritmo più dolce, e ciò che sembrava confusione acquista chiarezza.

“Il silenzio è la notte dell’anima, ma una notte che nutre e prepara un nuovo giorno.” scriveva Friedrich Nietzsche. Quante volte ho sperimentato questa verità! Dopo un periodo di grande rumore, di impegni serrati o di emozioni contrastanti, solo il silenzio è stato in grado di ridarmi lucidità e pace.

Il silenzio non è inerzia, non è fuga. È spazio. È quel margine vitale che ci permette di non reagire d’impulso, ma di scegliere, di non essere travolti, ma di ritrovare il filo della nostra interiorità.

Fermarsi per ascoltare se stessi

Spesso pensiamo che ascoltare significhi solo dare attenzione agli altri. Ma prima ancora di ascoltare il mondo, abbiamo bisogno di imparare ad ascoltare noi stessi.

Blaise Pascal, con la sua lucidità, ricordava: “Tutta l’infelicità degli uomini deriva dal non saper restare tranquilli in una stanza.” Quanta verità in queste parole! Restare soli con noi stessi può essere difficile, perché significa incontrare anche le nostre fragilità, le nostre paure, i nostri nodi irrisolti. Ma è proprio lì che inizia la vera conoscenza di sé.

Ascoltarsi non significa giudicarsi, né analizzarsi in modo spietato. È, piuttosto, un atto di gentilezza. Significa riconoscere ciò che sentiamo, dar voce al cuore, accogliere la nostra umanità così com’è, senza maschere.

Il silenzio diventa allora un compagno fedele: ci aiuta a distinguere la voce autentica della nostra coscienza dal frastuono delle aspettative esterne. Ci restituisce a noi stessi.

Il silenzio che apre all’incontro

Potrebbe sembrare paradossale, ma il silenzio non è solo un fatto interiore: ci prepara anche alla relazione con gli altri. Quando impariamo a fermarci, ad ascoltare davvero senza interrompere, senza giudicare, il silenzio diventa un dono che offriamo.

Rainer Maria Rilke, in una delle sue Lettere a un giovane poeta, scriveva: “Amare è questo: che due solitudini si proteggano, si tocchino, si salutino.” E in questo toccarsi di anime, il silenzio ha un ruolo insostituibile. È ciò che permette all’altro di esistere senza che noi lo sommergiamo delle nostre parole o dei nostri consigli.

Quante volte, in una conversazione, un silenzio condiviso è più eloquente di mille frasi! In quel silenzio c’è rispetto, ascolto, presenza. Non è un vuoto, ma uno spazio pieno, vibrante, che ci fa sentire accolti.

Il silenzio e la natura

Personalmente trovo nel contatto con la natura una delle forme più pure di silenzio. Non è mai un silenzio assoluto, perché è abitato dal canto degli uccelli, dal fruscio delle foglie, dal mormorio dell’acqua. Ma proprio questo lo rende così nutriente: è un silenzio che respira, che pulsa, che ci ricorda di appartenere a un tutto più grande.

Henry David Thoreau, che trascorse due anni sulle rive di Walden, annotava: “Non ho mai trovato un compagno che mi fosse così socievole come la solitudine.” Nel suo silenzio contemplativo scopriva la presenza più piena, quella di sé e del mondo insieme.

Anche noi, senza bisogno di ritirarci in una capanna, possiamo assaporare questo silenzio vivo: basta concedersi una passeggiata senza auricolari, sedersi a guardare un tramonto, respirare profondamente sotto un albero.

Il silenzio spirituale

Il silenzio non è solo un’esperienza psicologica o estetica: è anche profondamente spirituale.
Nelle tradizioni cristiane, il silenzio è da sempre il luogo dell’incontro con Dio. “Fermatevi e riconoscete che io sono Dio” recita il Salmo 46. Non si tratta di fare, ma di essere, di restare in ascolto di quella Presenza che non ha bisogno di parole per farsi sentire.

Simone Weil, pensatrice francese del Novecento, scrisse: “Il silenzio è la condizione della verità.” E davvero, solo quando mettiamo a tacere il frastuono interiore, possiamo distinguere la voce sottile che ci parla dal profondo, quella che ci orienta verso ciò che conta davvero.

Il silenzio spirituale non è isolamento, ma apertura: apre il cuore a un Altro, e ci insegna a percepire la vita come un dono.

Concludendo: un invito al silenzio

Nel mio giardino interiore, il silenzio è come un piccolo stagno d’acqua limpida. Se lo custodisco, posso specchiarmi e ritrovare la mia immagine vera. Se lo turbolento troppo, l’acqua si increspa e non vedo più niente.

Credo che ognuno di noi abbia bisogno di momenti di silenzio nutritivo. Non per scappare dal mondo, ma per ritornare al mondo più centrati, più autentici, più capaci di amare.

Chiudo con una frase di Thomas Merton, monaco e poeta:
“Il silenzio non è vuoto, è pienezza. È la pienezza che non abbiamo ancora imparato a riconoscere.”

E forse il nostro compito, giorno dopo giorno, è proprio questo: imparare a riconoscere la pienezza che il silenzio custodisce.

Rimanendo nel nostro giardino interiore, mi piacerebbe sapere se anche voi avete sperimentato la forza silenziosa del fermarvi, del respirare, dell’ascoltare la vostra voce più autentica.

Avete un luogo, un gesto, un piccolo rito quotidiano che vi aiuta a coltivare il silenzio?
Vi invito a condividerlo nei commenti: le vostre esperienze potranno diventare semini preziosi per chi leggerà dopo di voi.

Il silenzio, in fondo, non è mai vuoto: è un dono che cresce quando lo si condivide.
Con affetto,

Raffaella